Nel seicento una delle principali preoccupazioni fu quella di cercare di coltivare in Europa le piante medicinali esotiche che dovevano essere altrimenti importate; malgrado tutti i tentativi di proteggere l'erboristeria interna, il consumo di droghe esotiche andò aumentando, in ragione anche delle sensazionali scoperte di due grandi navigatori; quella di Cristoforo Colombo che aprì una nuova via alla navigazione verso le Americhe (1492); e quella di Vasco de Gama verso le Indie(1497).
L'esplorazione delle Indie portò alla conoscenza per quali usi quelle popolazioni adoperassero le erbe; naturalmente anche da quelle parti abbondavano frodatori, "mediconi" ed empirici maldestri. Tra i medicamenti indiani di quei tempi va ricordato il benzoino.
L'esplorazione delle Americhe portò alla conoscenza di un numero straordinario di nuove droghe; i primi coraggiosi esploratori si trovavano al cospetto di grandi civiltà come quella Atzeca e quella degli Incas. Gli Atzechi, ad esempio, conoscevano un gran numero di erbe purgative, emetiche, depurative. Il cacao costituiva la loro bevanda abituale, veniva venduto sulle piazze e la sua preparazione era pubblica: si spezzettavano i semi di cacao, si mescolavano con grani di maiscotti, si ricopriva il tutto con acqua, si filtrava e quindi si versava dall'alto in una tazza in modo da farlo spumeggiare.
Dalle Antille proveniva invece il "legno santo" o legno di guaiaco, un rimedio contro le malattie veneree. La cura del "legno santo" era la più complicata che si potesse conoscere; infatti bisognava considerare la qualità del legno se era giovane o vecchio, se era chiaro o scuro, poi si doveva stabilire la dose per l'ammalato, perché se questa risultava troppo forte si aveva il pericolo di febbri troppo alte. Finalmente si poteva fare il decotto e intanto si preparava l'ammalato a riceverlo in questo modo: doveva stare a letto, in una stanza calda e senza correnti d'aria; allorché il sole si levava, si potevano somministrare dieci once della decozione, (Per oncia si intende quella farmaceutica che è uguale a 31,104 grammi) poi lo si faceva sudare per due ore, quindi gli veniva somministrata una'seconda dose di decotto e così via per una quindicina di giorni, tenendolo naturalmente a dieta.
Il legno di guaiaco riuscirà a sopravvivere nella cura della sifilide fino al Settecento, anche dopo la scoperta della cura a base di mercurio. Nel Perù invece accadde che un terremoto abbattesse alcune piante vicino a un lago; a poco a poco si assistè ad uno strano fenomeno: gli animali ammalati si recavano sempre più spesso ad abbeverarsi al lago; poi un indigeno ferito e febbricitante si gettò in quelle acque e inaspettatamente guarì.
Quelle popolazioni non impiegarono molto a capire che il merito di quelle guarigioni miracolose dipendeva esclusivamente dalla corteccia degli alberi caduti nel lago; però seppero mantenere il segreto anche quando arrivarono gli Spagnoli.
Verso la metà del Seicento un indigeno curò con la corteccia di quell'albero un amico spagnolo e il segreto non fu più tale; l'erboristeria, la farmaceutica e la medicina si arricchirono di una nuova pianta preziosa: la china.
Tra i più celebri erboristi del tempo va senz'altro ricordato il francese Joseph Pitton de Tour'nefort (1656 -1708), che abbandonò la carriera ecclesiastica per darsi agli studi botanici. Viaggiò in Europa, e per incarico di Luigi XIV, in Levante ed in Africa. Egli descrisse circa 8000 specie di piante in ventidue classi, servendosi di un sistema di classificazione, basato specialmente sulla forma della corolla, che introdusse il sesso nella materia.