L'evoluzione della bottega speziale fu abbastanza rapida. Le prime bottegucce costituite da una sola stanza che dava sulla strada con tanti scaffali e pochi vasi, furono ben presto sostituite da veri e propri laboratori, con alambicchi, storte, bilance, bacinelle e fornelli. Vi erano grandi mortai con pestelli pesanti sospesi con corde al soffitto, per alleviare all'inserviente dello speziale la fatica di pestare le erbe. I vasi erano di tutti i tipi: di vetro, di terracotta, di metallo e servivano per conservare le erbe, i preparati, gli unguenti, le polveri; non mancavano animali impagliati o imbalsamati il cui unico scopo era quello di impressionare la clientela. L'attività degli speziali veniva regolata da statuti, uno per ogni città italiana.
In diverse città l'arte degli speziali era unita ad altre arti, ad esempio un legame duraturo si ebbe tra merciai e speziali, legame che a Verona durò fino alla metà del Cinquecento, (i merciai veronesi potevano vendere diverse erbe medicamentose come il cumino, lo zafferano, il pepe, la noce moscata ecc.), mentre a Genova e a Venezia gli speziali vennero scissi dai droghieri solo sul finire del 1600.
Lo speziale era coadiuvato nell'esercizio della sua professione da soci e garzoni. Esisteva però l'obbligo di non cointeressare direttamente il medico.