BELLADONNA Atropa Belladonna L. - Solanaceae

Descrizione: pianta erbacea perenne cespugliosa a forma di arbusto; fusto cilindrico robusto di colore verde-rossiccio alto fino a m. 1,50 circa, molto ramoso in alto; foglie opposte o alterne, ovate acute, di colore verde intenso nella pagina superiore, tenue nella inferiore, pelosette; fiori tubolosi, campanulati di colore giallo (all'ascella delle foglie); bacche sferiche prima di colore verde, poi rosse e infine lucide e nere, grandi quasi come ciliege.

Habitat: dai colli ai monti in terreno calcareo e boschi.
Droga: foglie e radici; foglie superiori, dal secondo al quarto anno, raccolte nel periodo che va da giugno a agosto; radici, raccolte dopo i 2 anni da settembre a ottobre.
Principi Attivi: iosciamina, atropina, scopolamina, piridina; tannino, amido, ossalato di calcio, fìtosterina, colina.
Proprietà: (uso interno): potente sedativo, antispasmodico, narcotico, midriatico, antisudorifero, moderatore delle secrezioni.
Proprietà: (uso esterno) antinelvralgico, analgesico; antiasmatico.
Avvertenze: tutta la pianta è velenosa: da usare esclusivamente sotto controllo medico.
Belladonna
Atropa belladonna L
Unica specie italiana del genere Atropa; ha proprietà antispastiche. Nei Paesi dell'Est si utilizza la congenere acuminala, avente le stesse proprietà terapeutiche.
Generalità
Pianta erbacea delle Solinaceae, a rizoma perenne; raggiunge anche 1.5-2 m di altezza e ha odore poco gradevole. I fiori sono di color violaceo e presentano una corolla a tubo di 2-3 cm. Il frutto, sostenuto dal calice persistente e foglioso, è una bacca a forma di ciliegia, di color nero a maturazione.
Le foglie sono ovali, acute, lunghe 15 cm e larghe 7-8: quelle terminali sono di dimensioni più ridotte.
È pianta normalmente rara che vive di preferenza nel sottobosco o nei terreni humosi. soprattutto nelle regioni calcaree e di bassa montagna, fino a 1500 m. È spontanea nell'Europa occidentale, centrale e meridionale, ma si presta bene anche a essere coltivata.
Il nome scientifico «Atropa» proviene da Atropos. che secondo la mitologia greca troncava il filo della vita: ci ricorda perciò le proprietà venefiche della pianta. Il nome «belladonna» ricorda invece l'uso rinascimentale di questa pianta in cosmetica.
Impiego terapeutico
Questa pianta non era conosciuta dai Greci e dai Romani; la sua prima descrizione risale al sec. XVI, e poco dopo si notarono le proprietà tossiche della belladonna.
L'azione midriatica sulla pupilla fu scoperta nel 1677 e poco dopo venne utilizzata per i primi interventi chirurgici in oculistica sulle cataratte. La belladonna comunque è stata studiata a fondo solo a partire dal secolo scorso.
La belladonna agisce sia sul sistema nervoso, sia sul cuore e sulla circolazione, come sul respiro, sulla secrezione e sulla temperatura, oltre che sulla pupilla. Tutte le parti della pianta sono tossiche e l'ingestione di belladonna a dosi elevate provoca dopo pochi minuti secchezza della fauci, polso frequente, nausea, fino al delirio e alle allucinazioni, alla perdita di coscienza e di sensibilità. È pianta quindi molto pericolosa se non si conoscono le esatte modalità e quantità di uso.
I principi attivi della belladonna sono alcaloidi, l'atropina e la hyoscyamina, che sono dei paralizzanti del sistema nervoso parasimpatico che provocano:
— nell'occhio: la dilatazione della pupilla, paralizzando l'iride; l'azione si ottiene in situ con l'uso di colliri;
— sul cuore: un aumento della frequenza e una leggera ipertensione;
— sui bronchi: una dilatazione, con proprietà antia-smatiche;
' — sull'intestino: un rallentamento o paralisi dei movimenti peristaltici e una diminuzione del tono, con azione quindi antispastica;
— sulle secrezioni: una riduzione della secrezione salivare, gastrica, biliare, nasale e bronchiale.
L'impiego terapeutico della belladonna deve essere indicato da medici esperti, considerata la sua elevata tossicità. Va comunque ricordata come potente sedativo delle nevralgie, e come rimedio eccellente degli spasmi gastrici e respiratori.
Il suo impiego è inoltre essenziale in oculistica. Esternamente si usa per calmare i dolori: le frizioni di belladonna danno ottimi risultati anche nel reumatismo acuto.
I cataplasmi di farina di lino e di decotto di belladonna calmano rapidamente i dolori di diverse affezioni cutanee: ascessi superficiali, emorroidi, orchite, reumatismo, artrite reumatoide, gotta, bruciature, geloni, contusioni.
È necessario ricordare che anche per queste applicazioni locali bisogna porre molta attenzione, perché gli alcaloidi della belladonna sono facilmente assorbiti dalla pelle e possono provocare pericolose intossicazioni.
Preparazioni
Le preparazioni di questa pianta estremamente tossica devono essere indicate dal medico. Non si procede quindi ad alcuna descrizione in proposito.
Raccolta e conservazione
Le foglie di belladonna devono essere raccolte dopo l'inizio della fioritura. Si possono raccogliere anche le sommità fiorite, e in questo caso si taglia la pianta a 10-15 cm dal suolo.
Le foglie o le sommità fiorite vengono messe a seccare all'ombra, e si conservano poi in sacchi di tela al riparo dalla luce e dagli insetti.
Le radia vanno raccolte alla fine dell'estate. Si fanno seccare, dopo averle ripulite dal terreno e tagliate in pezzi di 2-3 cm di spessore, e si conservano al riparo dalla luce e dadi insetti..
Si può coltivare questa pianta molto facilmente partendo da senie posto in letto caldo a marzo-aprile e trapiantando in terreno di mezzombra in suolo molto soffice alla fine di maggio

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