Filosofo greco, discepolo di Aristotele, nativo dell'isola di Lesbo, (371 - 286 a.C.) grande iniziatore di studi botanici ed erboristici, scrisse una "Historia Plantarum", in cui raccolse tutte le informazioni del suo tempo sulle erbe e piante medicinali. In questo libro sono menzionate teorie talora strane.
Teofrasto ammette la trasformazione di alcune piante in altre; parla anche di un certo antagonismo tra piante: il cavolo è nemico della vite, teoria spiegabile col fatto che a volte il cavolo veniva utilizzato come antidoto all'ubriachezza. Il libro di Teofrasto contiene però anche precise notizie sul modo di raccogliere le erbe secondo le tecniche più opportune. Tra le numerose piante medicinali ricorda l'aconito come pianta comune a molte regioni e non proveniente solo dal villaggio di Acona da cui il nome aveva avuto origine; esistono diverse specie di papaveri, molte delle quali dotate di proprietà purgative; smentisce che il cinnamomo deve essere colto in burroni popolati da serpenti velenosi. Teofrasto si occupa anche della conservazione delle droghe ricavate dalle piante e dalle erbe: la radice di elleboro mantiene le sue proprietà anche per trent'anni; la cantaride è buona per una decina di anni; l'aristolochia è valida solo per cinque o sei anni; infine altre po che specie diventano più efficaci invecchiando. Inoltre Teofrasto per primo cerca di dare una classificazione delle piante medicinali conosciute e all'uopo sottolinea che la qualità più importante da tenere in considerazione è il sapore di ogni erba: il medico deve per ciò conoscere il sapore delle diverse erbe e apprezzare le differenze. Questo criterio di classificazione in base al sapore doveva rimanere valido per lungo tempo.